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Domanda

Quando si ha un problema psicologico è necessario ricorrere agli psicofarmaci?

Risposta

Gli psicofarmaci non vanno demonizzati, ma non vanno certamente mitizzati. Vedendo l’uso, o meglio l’abuso che ne viene fatto oggigiorno, il rischio è di considerarli una panacea per ogni malessere psicologico. E non lo dico solo io che sono uno psicologo. Lo dicono anche alcuni colleghi psichiatri, rigorosi e illuminati, che quotidianamente si trovano a dover spiegare nei loro studi che i farmaci possono essere utili in certe situazioni, ma dannosi in altre, e che non sono una bacchetta magica in grado di cancellare i problemi.

Nella mia pratica clinica vedo spesso persone, anche molto giovani, a cui vengono prescritte terapie farmacologiche per superare fisiologici eventi di vita, come lutti, delusioni amorose, o altre difficoltà di vita, come se il farmaco potesse in qualche modo essere la soluzione, e non solo un “espediente” per non sentire il dolore e coprire il problema.
Ho visto, non di rado, pazienti provenire da lunghe psicoterapie, durante le quali il collega aveva invitato il paziente stesso a rivolgersi allo psichiatra per associare una cura farmacologica alla psicoterapia.
Ultimamente vedo sempre più spesso madri e padri che mi narrano storie indicibili di bambini, dei loro bambini, trattati con pesanti terapie farmacologiche per alterazioni comportamentali che potrebbero essere trattate con altri sistemi. Questa è una deriva davvero molto preoccupante, perchè gli effetti collaterali degli psicofarmaci sui bambini sono letteralmente non calcolabili, con rischi di ripercussioni psicologiche enormi nel medio-lungo termine.
Ovviamente le casistiche sono tante, e non posso addentrarmi in questo contesto, ma certamente la mia esperienza clinica di questi ultimi vent’anni mi porta a dire che esistono molti casi di pazienti che vengono curati con farmaci mentre potrebbero risolvere il loro problema con una semplice psicoterapia, senza alcun bisogno di farmaco.

Tutto questo non vuol dire che i farmaci non vanno mai usati, ma che vanno usati solo quando servono realmente, solo quando non ci sono alternative, e con tutte le cautele necessarie, perchè ogni farmaco ha sempre effetti collaterali più o meno marcati, sia a livello biochimico che psicologico.
In termini tecnici, va sempre valutato se il benefico prodotto dal farmaco è maggiore dell’inevitabile disfunzionamento prodotto dal farmaco stesso (che chiamiamo in modo eufemistico “effetto collaterale”), cioè va valutato il rapporto costi/benefici. E purtroppo spesso, abbagliati dall’apparente beneficio iniziale, molti non valutano i costi in termini di effetti collaterali a medio-lungo termine, tra cui in primis la dipendenza e la maggiore vulnerabilità psicologica che si genera nell’assunzione di farmacoterapie.
Difatti non va dimenticato che se da una parte il farmaco riduce il problema, dall’altra contemporaneamente riduce anche le risorse psicologiche, tanto che le psicoterapie strategiche, focalizzate sulle risorse dei pazienti, sono più lente nell’esplicare i loro effetti quando vi è una terapia farmacologica concomitante.
Come dico spesso ai miei pazienti, il farmaco funziona come un paracadute: se uno sta precipitando, il paracadute attenua l’impatto e può salvare la vita, ma una volta atterrato quello stesso paracadute rende difficile muoversi. In questo senso lo psicofarmaco può ridurre l’impatto, ma rende certamente molto più lenta la ripresa.
Molti colleghi, riportando linee guida internazionali affermatesi qualche anno fa, sostengono che gli esiti migliori si hanno associando le psicoterapie alle farmacoterapie. Personalmemte, in base alla mia esperienza clinica, posso affermare e documentare che attraverso la psicoterapie, almeno quelle non tradizionali di matrice strategica, è possibile risolvere, senza l’ausilio di farmaci, disturbi d’ansia generalizzata, attacchi di panico, depressioni, disturbi post-traumatici, fobie specifiche, fobie sociali, disturbi ossessivi-compulsivi, anoressia, bulimie, binge eating, disturbi del sonno, disturbi psicosomatici, cleptomania, oltre a molti disturbi dell’età evolutiva attraverso la terapia indiretta. In tal senso importanti studi su Riviste Scientifiche hanno affermato di recente che la psicoterapia deve essere il primo tentativo e la farmacoterapia una seconda scelta, qualora non sia praticabile la prima o abbia già dato esito negativo.

In conclusione una precisazione è però d’obbligo e la voglio dire con chiarezza:
SE UNA PERSONA ASSUME UNA TERAPIA PSICOFARMACOLOGICA E SMETTE AUTONOMAMENTE IN MODO DRASTICO DI PRENDERE QUEI FARMACI, CORRE GRAVI RISCHI DI PEGGIORARE LA SITUAZIONE. Per smettere è necessario trovare un intervento clinico alternativo, cioè una psicoterapia, e affidarsi alle cure di un medico per fare lo scalaggio senza correre rischi.

Ritornando alla domanda iniziale:
quando si ha un problema psicologico è necessario ricorrere agli psicofarmaci?
La risposta in estrema sintesi è la seguente:
SE UNA PERSONA HA UN PROBLEMA PSICOLOGICO, PRIMA DI INIZIARE UNA TERAPIA FARMACOLOGICA, È MEGLIO PROVARE A RISOLVERE IL PROBLEMA CON UNA PSICOTERAPIA. Solo quando ha visto che la psicoterapia intrapresa non funziona, se proprio non vuole fare un altro tentativo, può aver senso rivolgersi ad uno psichiatra per assumere farmaci.

 

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