Le conoscenze psicologiche non si trovano soltanto all’interno dellle varie branche della Psicologia, della Psicoterapia, della Medicina, della Sociologia, dell’Antropologia o della Filosofia accademica.
Nel corso dei secoli, sia nella nostra cultura occidentale, che in altre, si sono certamente stratificati incommensurabili bacini di conoscenze sul funzionamento psicologico degli individui in settori che tradizionalmente ricadono al di fuori dell’alveo scientifico. Senza entrare nel merito di un analisi esaustiva, che ci porterebbe in terreni paludosi, e lasciando ad ognuno la libertà di vedere saperi psicologi dietro ogni sospiro, non possiamo esimerci dal riconoscere un debito intellettuale verso una particolare forma di espressività umana che a mio avviso ha generato forme di saperi psicologici considerevoli.
Pur riconoscendomi, pienamente, all’interno dell’alveo scientifico, ritengo che non avrei potuto comprendere così a fondo il costruttivismo di Watzlawick o le analisi di Goffman, così come le persone che ogni giorno entrano nel mio studio, se non mi fossi immerso nelle pagine di Pirandello….Calvino….Vittorini… Yourcenar….De Beauvoir …Cioran…. Orwell…..Pessoa….. Musil… Flaubert….Camus…..Edgar Lee Master…Proust… Dostoevskij… Henry James…(solo per citarne alcuni, ma l’elenco sarebbe lunghissimo, fino ad autori che certamente non ho ancora letto….o ad altri che non hanno ancora scritto)
Non voglio con questo affermare il primato della letteratura narrativa su quella psicologica o scientifica, ma certamente non voglio nemmeno che si avvalli l’idea di una cultura tecnico-scientifico detentrice assoluta delle verità psicologiche, o comunque esaustiva per la formazione degli addetti ai lavori.
Mi preme dunque sottolineare come la letteratura abbia storicamente prodotto uno straordinario sapere psicologico attraverso le invenzioni letterarie che siamo soliti chiamare romanzi, saperi che per acume e complessità a volte superano quelli rintracciabili in ambito accademico. Va specificato che spesso si tratta di saperi non sistematizzati e non codificati con un linguaggio, e quindi spesso si tratta di saperi non facilmente traducibili in termini operativi, come invece lo sono i saperi accademici. Tuttavia, forse anche per la possibilità di usare un linguaggio evocativo, non avendo il vincolo alla cosiddetta realtà, i grandi romanzieri, grazie ad una straordinaria capacità intuitiva, sono riusciti a generare un giacimento di conoscenze incommensurabile per complessità e acume. A dimostrazione di tali evidenze basti vedere come, innumerevoli volte, noi “psicoesperti” siamo quasi costretti a ricorrere a citazioni letterarie per esprimere realtà psicologiche che il nostro linguaggio tecnico non ci permetterebbe di maneggiare adeguatamente. E, in effetti, chiunque abbia frequentato la letteratura psicologica, sa bene come questa sia infarcita di continui rimandi alla letteratura dei romanzi.
In conclusione, chi è affamato di saperi psicologici farebbe bene a non limitarsi entro gli orizzonti delle discipline psicologiche o scientifiche, affiancando, al rigore di una solida preparazione tecnica, il disordine di un eretico vagare tra le pagine delle finzioni letterarie.