Oggigiorno tutti concordano sul fatto che la SALUTE non può più essere considerata la semplice assenza di malattia, come avveniva un secolo fa.
Da qualche decennio, in ambito scientifico, si sostiene che la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non la semplice assenza di malattia.

La salute è un fenomeno molto complesso caratterizzato da molte dimensioni, implicazioni, connessioni e persino aspetti paradossali, tanto che non vi è mai stata un’unica e globale concettualizzazione di salute, ma differenti prospettive sono da sempre co-esistite. Anche le origini etimologiche del termine salute rimandano ad una certa eterogeneità, dato che nella cultura Anglo-Sassone la parola rinvia a concetti statici, mentre nella cultura Greco- Latina a concezioni dinamiche, in continuo divenire. Tale variabilità è aumentata nel corso della storia, in quanto i significati e i simboli di salute sono incrementati. Inoltre non va dimenticata la variabilità all’interno di ogni soggetto, visto che durante il ciclo di vita individuale si rilevano differenti idee di salute e diversi valori connessi a queste idee. In termini generali, questa intrinseca variabilità ci conduce ad affermare che la salute è un concetto polisemico e polimorfico, influenzato da fattori sociali, culturali, filosofici, etici e soggettivi

La Medicina, cioè quella branca del sapere scientifico fondata sull’idea di salute, storicamente si è sviluppata attraverso un concetto riduzionista di salute, basato sull’assenza di malattia. Successivamente, nell’ultimo secolo, grazie all’Organizzazione Mondiale della Sanità, c’è stata una vera e propria rivoluzione copernicana in quanto la salute è stata configurata come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non una mera assenza di malattia e infermità. La definizione di salute dell’OMS ha avuto certamente una grande importanza storica e politica, sia perché ha rappresentato il pilastro fondante dell’OMS, sia perché ha permesso di uscire dal riduzionismo organicista, consentendo di allargare gli orizzonti delle scienze cliniche verso dimensioni prima impensabili. Tuttavia, negli ultimi decenni, questa definizione di salute ha evidenziato notevoli limiti ed è stata fortemente criticata. Come riportato da un importante Editoriale dell’autorevole rivista “The Lancet”, “la salute non è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. E nemmeno una mera assenza di malattia o infermità”. Sulle stesse posizioni, vi sono stati una serie di importanti contributi sul British Medical Journal, i quali hanno trovato ampio consenso nella comunità scientifica internazionale.

Il problema principale della definizione di salute è la sua evidente connotazione utopistica. Affermare che la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, significa sostenere che nessun essere umano è in salute: difatti  ogni volta che un essere umano impatta con un evento negativo, risponde sviluppando una certa quota di malessere, e inevitabilmente perderà il suo stato di completo benessere. Dato che questa evenineza capita tutti i giorni, anzi più volte al giorno,  se ne può dedurre che nessuno essere umano può essere in salute la maggior parte del tempo. Questa evidenza apre un grande paradosso, dato che nel tentativo di definire la salute, si nega la sua stessa possibilità di esistere.

Non volendo entrare nel dettaglio di un’analisi minuziosa inerente i limiti della definizione dell’OMS (per la quale si rimanda alla letteratura di riferimento), si vuole ribadire che allo stato attuale, in ambito scientifico, è necessario certamente superare la definizione dell’OMS.

Molti tentativi sono stati fatti per trovare nuove definizioni di salute e probabilmente molti altri saranno fatti in futuro.

Jadad e O’Grady, in un importante lavoro pubblicato sul British Medical Journal affermano che risulta irrealistico cercare un’unica definizione di salute, globalmente accettata, perché una singola definizione non può contenere la complessità del fenomeno salute.

Una recente proposta, che parte dalla suddette premesse, ha configurato la salute come “la capacità di affrontare e gestire le proprie condizioni di malessere e benessere” (Leonardi, 2015). In termini operativi, ciò corrisponde alla capacità di avere quelle risposte emotive, cognitive, comportamentali e somatiche che l’individuo stesso ritiene opportune e non avere quelle che ritiene inappropriate (il richiamo alle tesi idiografiche di Canguilhem è evidente, come suggerito dall’autorevole rivista “The Lancet”).

Pur nella sua apparente semplicità, tale concezione di salute soddisfa le esigenze teoriche evidenziate dal dibattito scientifico.

L’aspetto nucleare di questa definizione è di fondarsi sull’idea che la salute non coincide con l’utopistica condizione di completo benessere, ma comporta la presenza di malessere. Ne consegue che avere un malessere non significa perdere la salute, come nel caso della definizione dell’OMS. Le implicazioni di questa definizione sono notevoli in quanto l’assenza o la presenza di malessere non sono più una discriminante per determinare lo stato di salute, ma lo è il modo in cui un soggetto affronta e gestisce le inevitabili condizioni di malessere e benessere, che sempre, prima o poi, impattano sulla sua esistenza.

Bibliografia

Jadad A R, O’Grady L. How should health be defined. BMJ 2008; 337: 1361-64.

Huber M, Knottnerus J A, Green L, Van der Horst H, Jadad A J, Kromhout D, Leonard B, Lorig K, Loureiro M I, Van der Meer J W M, Schnabel P, Smith R, Van Weel C, Smid H. How should we define health? BMJ 2011; 343: 235-37.

Goodle F. What is health? BMJ 2011:343:1

Saracci R. The World Health Organisation needs to reconsider its definition of health. BMJ 1997; 314: 1409-10.

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Editorial of The Lancet. What is health? The ability to adapt. Lancet 2009; 373: 781.

Leonardi F. Il grande paradosso della salute. Pisa: Felici Edizioni, 2015.