Una certa quota di conflitto all’interno delle famiglie non solo è ineliminabile, ma è addirittura sana e necessaria per il buon sviluppo psicologico dei figli. Tuttavia laddove il conflitto familiare supera certi livelli, o diviene scomposto e lacerante, oppure aasume particolari configurazioni (ad esempio quella del “capro espiatorio” o del “paziente designato”), può rappresentare un potente fattore di destrutturazione psicologica, sia per i genitori che soprattutto per i figli, innescando problematiche psicologiche anche sul piano individuale. Per questa ragione le problematiche familiari non sono da sottovalutare, in quanto un sistema famiglia che non funziona stratifica in modo impressionante una storia familiare fallimentare, con ripercussioni potenzialmente gravi su ogni membro della famiglia, specie sui figli che stanno strutturando il loro sistema psicologico e il loro senso di identità.

Va sottolineato inoltre che le famiglie, essendo sistemi basati su un corpus di sentimenti ed emozioni specifici, se superano una certa soglia di conflitto, possono arrivare ad un punto di non ritorno, compromettendo in modo irremediabile la dimensione sentimentale-emotiva che sorregge il legame (in tal senso, capita purtroppo di intercettare famiglie ormai “devastate” da conflitti cronici mai trattati oppure trattati in modo sbagliato o tardivo).

Il mio approccio terapeutico con le problematiche familiari si basa sull’applicazione del modello Strategico Interazionista, la cui durata per i percorsi familiari varia da un minimo di 4 ad un massimo di 10 incontri, di solito con cadenza quindicinale.

Un dettaglio molto importante: non di rado le terapie familiari tradizionali non possono essere attuate in quanto uno o più membri (spesso i più problematici), si rifiutano di partecipare all’intervento. Il modello di Psicoterapia Strategico Interazionista consente di intervenire anche in queste situazioni nelle quali uno o più membri della famiglia si rifiutano di partecipare: nella fattispecie l’intervento coinvolge solo i membri che accettano di essere coinvolti, seguendo l’idea che laddove uno o più membri modificano sé stessi, anche il sistema famiglia inevitabilmente cambia, e di conseguenza anche quei membri che rifiutano l’intervento.

L’obiettivo della terapia familiare in genere si snoda su tre direttrici principali: composizione del conflitto (non eliminazione in quanto una certa quota di conflitto all’interno dei sistemi famiglia è necessaria e comunque ineliminabile), cambiamento dei copioni di interazione disfunzionali tra i vari membri, eliminazione delle forme di comunicazione “patologiche”, ristrutturazione delle posizioni relazionali che bloccano il sistema-famiglia. Il risultato non può e non deve essere quello di creare una famiglia “del mulino bianco”, nella quale non si percepisce alcuna traccia visibile di conflitto, ma bensì quello di creare un sistema-famiglia capace di affrontare e gestire gli inevitabili conflitti generati dal dover conciliare le legittime esigenze di regolazione, proprie dei genitori,  e le fisiologiche spinte di individuazione-separazione dei figli. Nel caso durante il trattamento emergano delle difficoltà e tensioni all’interno della coppia genitoriale che si “scaricano” in modo inappropriato il conflitto familiare, i due genitori sono invitati a fare qualche seduta, da soli, riservata alle loro dinamiche. 

Per informazioni:

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