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Domanda:

Salve,da molti anni, quasi ogni notte, mi sveglio e sento il bisogno di mangiare. Vado in cucina e mangio un po’ di tutto, quello che trovo, preferibilmente cose dolci. Subito dopo riprendo a dormire, ma dopo 2 o 3 ore il rito si ripete. Alcuni giorni può succedermi anche 3 volte in una notte. Alla mattina quando mi sveglio sono satura, e spesso salto colazione, per compensare l’abbuffata notturna. In questi ultimi anni sono ingrassata molto. Si può risolvere questo mio problema?

Risposta

Le abbuffate sono un sintomo ben conosciuto in ambito clinico, e possono essere associate a differenti quadri psicologici. A volte consistono in episodi di durata circoscritta durante i quali la persone assume quantità molto grandi di cibo, fino a saturazione, mentre altre volte possono manifestarsi in un arco temporale ampio attraverso l’assunzione continua di piccole quantità di cibo, che tuttavia nell’insieme rappresentano un quantitativo molto rilevante. Possono presentarsi durante le ore diurne, così come durante quelle notturne, al riparo da occhi indiscreti. Non di rado le troviamo associate a comportamenti di eliminazione (vomito, uso di lassativi, ecc). Se non curate, tendono a cronicizzarsi, producendo una seria compromissione della salute organica.

In questi casi, risulta necessario intreprendere una psicoterapia per risolvere il problema, in quanto è molto improbabile una remissione spontanea, mentre i rischi di una cronicizzazione sono elevati.

Le psicoterapie tradizionali affrontano il problema andando alla ricerca delle cause e dei significati reconditi delle abbuffate, seguendo l’idea, molto diffusa nell’attuale contesto socio-culturale, che la comprensione possa aiutare a risolvere il problema. Idea affascinante, se non fosse che migliaia di pazienti, dopo anni di psicoterapie, arrivano a conoscere molto bene i significati e le cause delle loro abbuffate, senza però riuscire ad eliminarle. Altri approcci considerano le abbuffate dei comportamenti di autolesionismo (“non ti vuoi bene…. non hai rispetto di te stessa”) e per eliminarle cercano di aumentare l’autostima: in tal senso strutturano processi di sostegno al fine di motivare il paziente a non fare più abbuffate, ingaggiando un logorante braccio di ferro con il problema, fatto di piccole vittorie e ricorrenti cadute.

Dal punto di vista strategico-interazionista, la soluzione non passa attraverso la comprensione, né attraverso una relazione empatica o di sostegno emotivo, ma bensì attraverso precise tecniche che intervengono direttamente sui quei meccanismi emotivi che generano l’abbuffata: questo approccio consente in poche sedute di disattivare tali meccanismi emotivi, e successivamente produrre un consolidamento attraverso una ristrutturazione sul piano dei significati. Se non ci sono altri quadri psicologici disfunzionali concomitanti, l’intervento non supera le 10 seduta, in un arco di tempo di di 4/5mesi. I risultati di questo trattamento sono buoni: l’80% ha eliminato totalmente il problema, mentre circa il 10% lo ha risolto in modo parziale riportando miglioramenti significtivi ma non la completa eliminazione.

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2 Comments

  1. Eliana

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    “…la soluzione non passa attraverso la comprensione…”; quindi si risolve il problema lasciando in stato di latenza la causa che lo ha scatenato: il paziente “guarisce” , ma non ha consapevolezza del meccanismo che l’ha originato. Al manifestarsi di un’altra criticità sarà motivato a ritornare dallo stesso psicologo che ha risolto il problema precedente, entrando in una spirale di dipendenza.

    • Dottor Leonardi

      Rispondi

      La soluzione non passa attraverso la comprensione perché la comprensione passa attraverso la soluzione.
      Al di là del gioco di parole, le terapie strategiche producono una comprensione non in base a teorie apriori del terapeuta ma in base al modo in cui viene risolto il problema. Si trattta di una comprensione non teoretica ma basata sul modo concreto in cui si è risolto il problema. Volendo fare una metafora, si potrebbe dire che è come comprendere il funzionamento di un orologio, aggiustandolo: è chiaro che nel momento in cui si è aggiustato un orologio, senza dubbio si è capito come funziona.
      Ma l’orologio è tutto sommato semplice da capire, mentre i meccanismi mentali sono molto più complessi, tanto che abbiamo centinaia di teorie ipotetiche che tentano di farlo senza che nessuna possa dimostrarsi più vera di un’altra.
      L’alternativa all’approccio da me esposto è assumere come vera una fra le centinaia di teorie psicologiche esistenti e ipotizzare una causa, per poi provare a rimuoverla. In molti lo fanno, ma non bisogna mai dimenticare che cambiando teoria, automaticamente appare una differente causa da rimuovere. E allora quale sarà la causa vera da rimuovere? E non solo: come già scritto nelle varie pagine del sito, i problemi psicologici sono sistemi complessi il cui funzionamento prescinde dalla causa che li ha generati. Volendo fare un’altra metafora, avviene ciò che accade negli incendi, i quali persistono anche se si rimuove la causa scatenante (ad esempio la famigerata cicca di sigaretta). Ciò significa che, ammesso di poter rimuover la causa di un problema psicologico (spesso collocata dalla maggior parte di teorie nel passato remoto della persona), il problema persisterebbe perché alimentato da fattori che non hanno alcun legame con la causa (proprio come negli incendi in cui è l’ossigeno a tenerli in vita).
      In ogni caso, su una cosa siamo d’accordo: se un paziente ritorna dallo psicologo, per ogni nuovo problema o per il continuo riacutizzarsi del vecchio, significa che si è creata una dipendenza, e che la psicoterapia non ha funzionato. In tal caso l’unica cosa da fare è cambiare terapeuta, chiunque esso sia.

      La ringrazio dell’intervento e rimango a disposizione per ogni altro chiarimento.

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